La progettazione BIM secondo l'Arch. Marco Scala, BIM & Design System Coordinator presso Foster + Partners.

Il Building Information Modeling è un processo sempre più diffuso nell'industria delle costruzioni. Vediamo assieme all'architetto Marco Scala, BIM & Design System Coordinator presso Foster + Partners, come si è avvicinato al BIM e come questa risulta essere imprescindibile nel processo di digitalizzazione.

La progettazione BIM secondo l'Arch. Marco Scala, BIM & Design System Coordinator presso Foster + Partners.

In che modo è avvenuto il suo avvicinamento al BIM?


Il mio primo avvicinamento al BIM, e più in generale al tema dell’ “Information Data” in ambito progettuale, si può dire che ha avuto luogo durante gli approfondimenti fatti per la redazione della mia prima tesi universitaria, che aveva come argomento la “creazione” di un sistema di rating sperimentale unico, relativamente alla valutazione e monitoraggio degli elementi tecnologici di un edificio residenziale. Con questo sistema, le informazioni ricavate, utili ad identificare il miglior elemento secondo il rapporto “costi-benefici”, venivano immagazzinate all’interno di una piattaforma digitale sotto-forma di elementi geometrici tridimensionali. Si trattava, dunque, di una semplice applicazione di una metodologia ad ampio spettro definita Building Information Modeling. Da qui, il mio interesse per la tematica mi ha spinto a proseguire gli studi, e frequentare il master “BIM Manager” tenuto al Politecnico di Milano. In seguito alla conclusione del master, ho collaborato come Architetto-Bim Specialist, e successivamente BIM Coordinator, con un importante società di Ingegneria ed Architettura di Milano, BMS Progetti, ed attualmente ricopro il ruolo di BIM & Design System Coordinator presso Foster + Partners, a Londra.

Foster + Partners BIMobject


Com’è cambiato il suo modo di progettare durante la pandemia?


Bisogna ammettere che la pandemia, come un po’ in tutti i settori produttivi, ha costretto gli attori del processo ad adattarsi alle necessità di distanziamento sociale, presenza contingentata nei luoghi di lavoro, e più in generale quella dello smart working. Tuttavia, la graduale digitalizzazione del mondo delle costruzioni ha reso meno traumatico questo adattamento forzato, anche nella mia esperienza personale. Considerando anche il fatto che ho avuto più volte la fortuna di collaborare in progetti internazionali, che quindi, già in principio condividevano una logica di lavoro da remoto, in cui il coordinamento e la disciplina tecnica risultano fondamentali. In quest’ottica, l’uso di una metodologia BIM, e quindi di un graduale processo di digitalizzazione della filiera, evidentemente, risulta imprescindibile.

In termini di sostenibilità, quanto può essere d’aiuto la metodologia BIM? In particolare rispetto al ciclo di vita degli edifici.

E’ evidente che, oltre ai già noti benefit in termini di risparmio di tempo e di costi, sia in fase di progettazione che in fase di costruzione, il fine ultimo di un progetto BIM, e quindi di un alter ego digitale dell’edificio costruito dovrebbe essere quello di prevedere e, soprattutto, consentire il monitoraggio costante delle prestazioni energetiche di un fabbricato durante il suo intero ciclo di vita. A mio avviso, questo rappresenta il vero campo di battaglia su cui si giocherà la partita nei prossimi anni. Il raggiungimento di obiettivi importanti come quelli previsti dal Piano 20-20-20, o dal più recente e ambizioso European Green Deal, passa anche attraverso una progressiva evoluzione del settore delle costruzioni. Un’evoluzione che potrà concretizzarsi soltanto se la previsione, e quindi la progettazione, nonché il monitoraggio delle prestazioni degli edifici vengono integrati in maniera sistematica.

Questo obiettivo è strettamente correlato anche al concetto di Digital Twins, che, come noto, rappresenta il nodo di congiunzione tra le istanze di rinnovamento energetico e gestionale del costruito ed il processo di digitalizzazione dell’intero settore.

In definitiva, dunque, la mia risposta è assolutamente sì, BIM e Digital Twin sono indubbiamente correlati al concetto di sostenibilità non solo dell’edificio, ma di tutto il ciclo produttivo AEC.

La pandemia ci ha proiettati nella dimensione digitale come la nuova normalità. Leggi il nostro report per sapere come il settore AECO si è adeguato al cambiamento.

 

Qual è secondo lei la maggior difficoltà che riscontra un architetto utilizzando la metodologia BIM?


Nella mia esperienza professionale, il problema che ho riscontrato più di frequente nell’approccio alla metodologia BIM, è una sorta di resistenza al cambiamento, soprattutto nei contesti legati ad un approccio alla progettazione più tradizionale. Parlando di aspetti puramente economici, l’investimento iniziale sia in termini di infrastrutture che di formazione non è trascurabile, e questo spesso spaventa, soprattutto quelle realtà medio piccole che rappresentano la fetta più grande del nostro settore. Se a questo si aggiunge l’idea errata secondo cui basta una semplice certificazione, o l’acquisto di un determinato software per poter operare e lavorare in BIM, è chiaro che si genera confusione e sfiducia verso una metodologia che invece rappresenta una concreta, e oserei dire quasi obbligata, possibilità di crescita.

Anni fa si parlava della metodologia BIM come “il futuro dell’edilizia”, oggi è sicuramente parte integrante del nostro presente. A che livello siamo realmente secondo lei? E cosa immagina per il futuro del nostro settore?

Innanzitutto bisogna evidenziare come sia ancora evidente il divario tra i principali Paesi, sia a livello mondiale che a livello comunitario, nonostante i numerosi sforzi fatti in ambito legislativo e procedurale, si pensi alla norma ISO 19650. Volendo guardare alla situazione Italiana, il ritardo del nostro apparato produttivo è cosa ben nota, basti pensare che nell’anno in cui in UK veniva reso obbligatorio il raggiungimento di un BIM Maturity Level 2 per le società attive nell’industria delle costruzioni (2016), nel nostro paese veniva pubblicata la prima stesura del Nuovo Codice degli Appalti, che sarebbe diventata la base del primo vero decreto BIM (D.M. 560/2017) che definisce i tempi di progressiva adozione del BIM negli appalti pubblici.

Ciò nonostante, la messa in moto di un meccanismo virtuoso di progressivo allineamento ai parametri internazionali è stato di fondamentale importanza, ed è altrettanto importante la diffusione che il BIM sta avendo nel nostro paese, come si evince dall’annuale rapporto OICE sui bandi di gara pubblici in cui viene richiesto l’utilizzo del BIM, secondo cui l’incremento medio annuo dal 2015, anno in cui i bandi BIM sono stati soltanto 4, al 2019 è stato addirittura del 272,5%, anno in cui i bandi registrati sono stati 478.

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Le aziende che vi forniscono i materiali da costruzione utilizzano la metodologia BIM?


Sì, nella mia esperienza, più volte ci siamo rapportati con aziende di settore, che utilizzavano in maniera più o meno conscia e strutturata una metodologia BIM. Così come per le società di progettazione, anche le aziende specializzate in determinati servizi o fornitrici di prodotti per l’edilizia hanno vissuto, e stanno vivendo, il passaggio alla metodologia BIM, ed è anzi, auspicabile, che in futuro sempre più realtà di questo tipo facciano proprie le conoscenze dello strumento. Non è utopico pensare che, per far sì che ci sia una vera e concreta digitalizzazione del mondo delle costruzioni, tutti gli attori coinvolti nella filiera debbano condividerne le logiche ed il metodo.


Conosceva già la piattaforma BIMobject?


Sì, conoscevo già la piattaforma, che ho iniziato a consultare sin dai miei primi passi con i vari software di BIM Authoring. Avere a disposizione una libreria di contenuti 3D, non semplicemente di qualità geometrica, ma anche, e soprattutto, di quantità informativa, legata ai rispettivi materiali, produttori, o addirittura dati per la manutenzione, è assolutamente fondamentale per dei professionisti che lavorano direttamente allo sviluppo di un progetto.

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